Il 2023 è stato un anno moderatamente ricco di eventi per il settore del private equity italiano, in particolare nel settore delle PMI. Stiamo assistendo a un'aggregazione generale in diversi settori, mentre le grandi e mega-operazioni (acquisizioni con capitale investito di oltre 150 milioni di euro) sembrano subire una battuta d'arresto momentanea.
Sebbene i dati del 2023 siano ancora incompleti, è possibile trarre le prime conclusioni. Secondo il rapporto «I Semestre 2023. Il mercato italiano del private equity e venture capital», preparato da PWC per AIFI, i primi sei mesi dell'anno sono stati caratterizzati da una sostanziale stabilità del numero di investimenti, rispetto allo stesso periodo del 2022 (346, con una leggera diminuzione delle operazioni di buy-out, infrastructure, turnaround e replacement).
La differenza più grande è nel valore complessivo delle offerte. Infatti, a causa del minor numero di grandi e mega-deal (8 nella prima metà del 2022, 3 nella prima metà del 2023), il valore investito è sceso da 10,8 miliardi di euro a 3,1 miliardi di euro, con un calo del 71%. In particolare, l'impatto maggiore è visibile sugli investimenti in infrastrutture (-96% vs 1H22) e sui buy-out (-39% vs 1H22).
Fonte: AIFI, PwC Deals. I Semestre 2023: Il mercato italiano del private equity e del venture capital
Il rapporto evidenzia inoltre che gli investimenti nella prima metà del 2023 si concentrano principalmente nel nord Italia, con la Lombardia la prima regione in termini di numero totale di operazioni (51,4%), seguita da Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana. È anche interessante notare che gli operatori hanno investito principalmente nel settore ICT (31,5% del totale), seguito da settori che rappresentano il Made in Italy, come i beni industriali e medicali, ma anche nel settore energetico, trainati dagli investimenti per la transizione verde.
Il Private Equity Monitor della LIUC Business School ci consente di avere dati più recenti, ma il trend visto nei primi 6 mesi dell'anno sembra confermato. Infatti, a ottobre 2023, il numero di transazioni è ancora sostanzialmente in linea con i primi 10 mesi del 2022 e ben al di sopra dei dati del 2021. L'Osservatorio ha inoltre rilevato che la maggior parte delle transazioni sono acquisti (88% solo a ottobre) e che gli add-on rappresentano il 60% del totale.
Fonte: Private Equity Monitor — PEM, LIUC Business School
Si può ipotizzare che il calo dei big e mega deal sia determinato sia da incertezze geopolitiche, come la guerra in Ucraina e, ultimamente, la guerra in Medio Oriente, dai rallentamenti ancora in corso nelle catene di approvvigionamento globali, sia soprattutto dall'inflazione e dal conseguente aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali globali. Con la BCE e la BoE che hanno alzato i tassi al 4,5% e la Fed al 5,25%, il costo del finanziamento di grandi acquisti è diventato troppo oneroso per i grandi fondi di private equity, che hanno quindi preferito soluzioni a basso rischio.
D'altra parte, la frammentazione del panorama italiano, caratterizzato dalla presenza di un gran numero di PMI, ha portato all'attivismo e all'aggregazione di diverse realtà. La motivazione principale risiede nella necessità di creare attori più strutturati e integrati, in grado di essere più competitivi sui mercati esteri. Una seconda motivazione risiede nella necessità di creare organizzazioni più solide e resilienti, in grado di resistere meglio a periodi di crisi e shock sistemici, come quelli vissuti negli ultimi 4 anni.
Le prospettive per il 2024 sembrano positive. Il continuo calo graduale dell'inflazione dovrebbe portare a politiche monetarie più espansive da parte delle banche centrali, con conseguente abbassamento dei tassi di interesse. Tuttavia, ci vorrà probabilmente del tempo prima che i benefici si riflettano nell'economia reale. Nonostante ciò, dopo un primo periodo di aggiustamento, un calo dei tassi di interesse dovrebbe favorire il proseguimento delle attività di M&A e il riavvio di operazioni più ampie. Questo, unito alla crescente fiducia degli investitori nei mercati, prevista per il prossimo anno, dovrebbe creare il contesto ideale per la crescita dell'ecosistema.
Tuttavia, è improbabile che i tassi di interesse reali negativi vengano nuovamente raggiunti, soprattutto a medio termine. Questa nuova condizione comporterà la necessità per i fondi di private equity di investire il proprio capitale in modo intelligente, perseguendo sempre più la creazione di valore in modo sostenibile attraverso progetti industriali. Il panorama italiano offre molte di queste opportunità e molti settori stanno già attraversando processi di aggregazione per creare realtà più solide.
È in questo processo che i fondi possono davvero creare valore per le aziende, per il mercato e per il Paese. Operatori con un forte DNA imprenditoriale possono svolgere questo compito estremamente importante, fornendo non solo capitali, ma anche competenze strategiche per aiutare le aziende in ambiziosi progetti di crescita, creando veri e propri gruppi di eccellenza in grado di competere sui mercati internazionali, valorizzando sempre il Made in Italy.